Cultura di mare
Mi sono sempre accostato con piacere a qualsiasi scritto attirasse la mia attenzione: libri, giornali, riviste specializzate e durante lo scorso lock down ho approfitatto del tantissimo tempo ritrovato per leggere delle mie due passioni principali. Così ho consumato pagine e pagine scritte da uomini di monti e di mare, pagine che parlavano di esperienze, di emozioni, di ambienti naturali testimoni di imprese ardite, fallimenti, successi e tragedie.
Pertanto ad autori come Waltetr Bonatti, Reinhold Messner, Edward Whimper (per citarne solo alcuni dei più famosi) che di monti hanno scritto ho affiancato uomini di mare come Ninni Ravazza, Alessandro de Maddalena, Cristina Freghieri, Massimo Boyer, Bernie Chowdhury.
Alcuni libri mi sono piaciuti molto, di altri non potrei assolutamente consigliarne la lettura ed è fuor di ogni dubbio che ci sono stati autori che hanno saputo rapirmi e condurmi per mano nel loro mondo. Posso comunque affermare con sicurezza che tutte le pagine che ho letto (anche quelle di autori non citati) hanno saputo in qualche modo arricchirmi e risvegliare la mia curiosità.
Trovo sia importante in un mondo mordi e fuggi, come sempre di più sembra essere quello in cui viviamo, che le esperienze del passato siano in qualche modo tramandate.
Sembra una frase da Bacio Perugina quella che recita “non puoi sapere dove vai se non sai da dove vieni”, eppure sempre più mi rendo conto che è di una saggezza quasi trascendentale.
Ci si rende conto, ad esempio, che questa immensa paura degli squali è poco giustificata (quanto danno ha fatto in proposito il famoso film di Spielberg!): pochi di noi sanno che nel mediterraneo c’è un numero ragguardevole di questi animali (lo si può apprendere ad esempio leggendo Scilla, un romanzo fresco e leggero di Massimo Boyer). Lo sapevano bene invece i tonnaroti siciliani chiamati a riparare e liberare le reti dai grandi predatori (pesci spada e, appunto, “pisci bistinu” in primis) che entrati nelle varie camere di pesca non erano più in grado di uscirne. Nonostante questa presenza massiccia non si registrano attacchi e pochissimi sono gli incontri ravvicinati con queste creature tutto sommato schive.
Leggendo “Diario di una tonnara” di Ninni Ravazza si scopre tra le altre cose che i tonni più pregiati, i tonni rossi (Thunnus thynnus), venivano pescati soprattutto a partire dalla tarda primavera in Mediterraneo: in quel periodo migravano dall’Atlantico a scopo riproduttivo, e senza più nutrirsi fino al completamento del viaggio tornavano in oceano all’inizio dell’autunno. Da qui si può allora ben comprende quanto il tonno fosse un’importatne risorsa economica, e in che misura potesse essere disastrosa una o più stagioni di pesca andate male. Ed ecco quindi spiegato il motivo per cui i rais (designati dai proprietari a capo delle tonnare) godevano di tanto rispetto e per certi versi di tanto potere.
Leggendo poi dei corallari che alla fine degli anni ‘70 del 1900 depredarono le secche al largo di Trapani capisci che l’uomo ha sempre considerato le risorse naturali come inesauribili, che l’unica cosa che conta è l’“hic et nunc”. Scopri però anche il fascino di un’epoca di pionierismo che per certi versi ha contribuito a portare la subacquea dov’è adesso, e scopri anche un mondo fatto di generosità e di meschinità, di sogni e disincanto, di rapporti umani che in fondo non sono poi così differenti da quelli che ancora oggi, a quasi 50 anni di distanza governano le genti. Nell’ambito della subacque sportiva, ho letto libri quasi inneggianti all’incoscienza, libri che meditati con il senno del poi ti fanno comprendere quanto siano importanti le procedure di sicurezza adottate oggi da tutte le didattiche che insegnano subacquea, di quanto realmente sia fondamentale non incontrare la persona sbagliata durante il tuo addestramento e di come le persone che preparano ed effettuano i vari record siano (quanto meno per un periodo di tempo) persone realmente extra-ordinarie disposte a perdere tutto (vita compresa) per amore dell’ignoto, per la vanità del primeggiare. Tuttavia non puoi che rimanere affascinato di come, una volta diventati più maturi, pur condannando certi comportamenti sopra le righe, tutti loro rievochino il passato con una comune nostalgia, di come si rendano conto che senza la squadra a supporto e sostegno, senza l’affiatamento con i loro compagni di avventura, nulla sarebbe stato possibile.
Un luogo a cui sono particolarmente legato è Noli, piccolo centro balneare, ex repubblica marinara (di una certa importanza) non lontano da Savona. Lì ogni giorno i gozzi (piccole imbarcazioni) escono per catturare i pesci e una volta tornati a riva trovi i pescatori a vendere il pescato sulla passeggiata, in prossimità delle spiaggie. Chiacchierando scopri che molti di loro sono uniti in cooperative storiche (dell’inizio del secolo scorso) e che c’è molta attenzione a promuovere la piccola pesca costiera, una risorsa importante dal punto di vista culturale, turistico ed economico, promuovendo l’utilizzo di tecniche antiche certamente meno redditizie rispetto a quelle moderne, ma anche molto meno invasive per l’ambiente marino. Il pesce invenduto poi lo trovi nel pomeriggio, fritto e in offerta a modico prezzo in piccoli cartocci. Questa ad essere sinceri è una tradizione italiana che si ritrova un po' in tutta la penisola, la particolarità è che ancora negli anni ’60 gran parte delle donne di Noli lavorava nelle friggitorie: ne funzionavano sei, una in ogni quartiere, e iniziavano a friggere alle sei del mattino bughe, zerri, ciciarelli. Asciugati sui teli e sistemati in lattine circolari, partivano alle quattro del pomeriggio con il treno per Torino e Mondovì.
La cultura dell’ambiente che si vuole viviere, imparare, esplorare è importante e appagante, ti permette di assaporare sensazioni più forti, di odorare tradizioni che ancora oggi impregnano il vissuto di ogni giorno…e quando impari uan tradizione scopri tanti collegamenti a quotidianità che hai sempre osservato, ma non hai mai ben compreso.
Due millenni or sono, così recitava Catone il censore “Non smettere di imparare: sia tua cura accrescere ciò che sai. Raramente la sapienza è data dalla vecchiaia…”